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Poi arriva l’UNESCO e dice: questo è un bene dell’umanità.
E noi le avevamo sotto gli occhi anche prima, le Dolomiti.
O le altre bellezze del mondo – cattedrali, borghi, valli, città –
che si possono fregiare di questo titolo: “bene dell’umanità”.
E insomma, lo sapevamo anche prima che erano un bene.
però con quel titolo così ufficiale, colo ufficiale, le nostro montagne
e tutti quegli altri luoghi ci fanno un po’ più di commozione.

Perché dire che è un bene dell’umanità è anche dire che
se non si sta attenti lo si potrebbe anche perdere, quel bene.
Come ogni bene, in fondo, si nutre o si perde con l’attenzione.

Avere un bene significa accettare di custodirlo.
Significa trasformare l’energia primaria, radiale,
eccezionale dello stupore per la sua esistenza, in ordinaria,
paziente, routinaria attenzione per la sua esistenza.

Tanto più è vero l’ “oh!” stupito che diciamo
mentre passiamo davanti o sopra le Dolomiti,
o a Venezia o in uno dei tanti luoghi che hanno ottenuto quel diploma,
tanto più sarà vera la normale, sacrificante, oscura attenzione.
Per questo la cura diminuisce là dove diminuisce lo stupore.

Senza di esso non inizia né la conoscenza, né la cura.
Vale per le montagne, vale per le persone.

Se non ci stupissimo della loro esistenza,
non ci faremmo carico della loro cura.

Incuria delle montagne, incuria delle persone. Delle città.
Dovremmo diplomare come “bene dell’umanità” ogni svolta di strada di collina,
ogni stradina che si perde nel bosco, ogni sguardo di ragazzo per strada.

Dovremmo chiedere all’UNESCO di rilasciare questa specie di diploma a ogni angolo del mondo,
a ogni frammento di montagna o rivolo di acqua. Ogni cosa è buona, dicevano i grandi santi o i grandi mistici.
Perché in loro agiva lo stupore per l’essere e per ogni suo segno.
All’Unesco non possiamo naturalmente chiedere di essere una brigata di mistici.
E dunque fanno bene a scegliere e a gratificare ogni tanto qualche posto particolare con il loro gran diploma.

Serva da esempio per esercitare il nostro sguardo a scorgere ovunque un bene per l’umanità.

Il simpatico diploma di cui le millenarie montagne si possono fregiare
è un avviso a noi, che le abbiamo davanti agli occhi.

Ogni bene è dato. Ma non è scontato.

Ogni bene ci fa esultare l’anima. Ma non è automatico.

E sappiamo come tutte le volte che si danno per scontate,
per automatiche le cose, anche i beni più grandi, esse si sciupano.
Perché non esiste la bellezza senza la libertà.

Non esiste il bene senza la libertà.

Che è quella cosa che ci fa decidere la cura di un bene, unica gioia umana.

                                                                                                                                  Davide Rondoni
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Grazie a Laura per la frase inserita nella prima immagine

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